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Prostituzione in casa, multe per chi disturba
SQUILLO E SICUREZZA. Il Comune colpisce il fenomeno in maniera indiretta. Sanzioni da 100 a 450 euroOrdinanza del sindaco colpisce chi viola la quiete all'interno dei condomini «Vogliamo dare una risposta concreta ai disagi segnalati dai cittadini»

Ora la polizia municipale può intervenire anche nelle abitazioni.
Un altro giro di vite dell'amministrazione
comunale nel segno dell'ordine pubblico.
Stavolta tocca a chi disturba dentro i condomini.
L'obiettivo è colpire — prendendolo alla larga,
visto che la legge non lo vieta — l'esercizio della
prostituzione negli appartamenti, ma solo quando
questa crea disagio ai vicini.
Il sindaco Flavio Tosi ha firmato l'ordinanza che
vieta il disturbo e la lesione della civile
convivenza all'interno dei condomini.
Si vieta così la prostituzione negli edifici
condominiali quando, a seguito delle consentite
verifiche della Polizia municipale, venga accertato
che provochi disturbo alla tranquillità degli altri
residenti o offenda la civile convivenza, per come
si svolge.
Il provvedimento vieta inoltre, all'interno degli
edifici condominiali, quei comportamenti che
mediante schiamazzi, eccesso di rumore o abuso di
strumenti sonori, arrechino disturbo e
turbamento alla tranquillità, ledano la civile
convivenza o determinino lo scadimento della qualità
urbana.
LE SANZIONI.
Le segnalazioni dovranno essere rivolte ai vigili.
Chi violerà l'ordinanza verrà multato con 100 euro,
alla prima violazione, con 250 alla seconda, con 450
dalla terza in poi, «con facoltà per il trasgressore
di estinguere l'illecito mediante il pagamento di
detta somma».
Ferma restando, si precisa, «l'applicazione delle
sanzioni penali e amministrative previste da leggi e
regolamenti e fermi i limiti edittali stabiliti per
le violazioni alle ordinanze comunali dall'articolo
7-bis del Decreto legislativo 267 del 18 agosto
2000.
«Questa ordinanza vuole tutelare i cittadini dalle
molestie nel condominio in generale», spiega Tosi,
«non facendo riferimento ai casi isolati di una
festa in appartamento o di una discussione
familiare, ma a questioni di disturbo sistematico e
continuativo durante il giorno e la notte».
I TEMPI.
Tosi ricorda che «attualmente, quando si verificano
situazioni di questo tipo, le uniche vie di
soluzione sono quella della denuncia penale, che ha
seguito dopo qualche anno, oppure quella della causa
civile, anche in questo caso attendendo alcuni anni.
Con questa ordinanza l'Amministrazione comunale
vuole dare una risposta concreta a questi disagi
segnalati dai cittadini».
La nuova ordinanza ricalca quella che prevede multe
fino a 500 euro per coloro che venivano colti
nell'atto di contrattare prestazioni sessuali in
strada.
Un provvedimento contro il quale era ricorso al Tar
del Veneto, vincendo, il Comitato per i diritti
civili. Dopo di che il Comune ha emanato
un'ordinanza pressoché identica, tutt'ora in vigore.
Al momento non c'è un altro ricorso al Tar.
SOLUZIONI.
Tosi precisa inoltre che l'ordinanza contro il
disturbo negli appartamenti «non vuole colpire la
prostituzione al chiuso in genere, ma porre una
soluzione laddove questa arrechi disturbo al
condominio, attraverso continui movimenti di gente
per le scale, a tutte le ore del giorno e della
notte, o l'adescamento al di fuori dell'edificio
stesso e il degrado che ne consegue».
ZONE A LUCI ROSSE.
Tosi rilancia quindi sulla necessità di arrivare a
una legge che renda possibile individuare zone per
esercitare la prostituzione al chiuso, ma lontano
dai centri abitati.
Si era parlato dei capannoni dismessi a Verona sud.
«La risposta decisiva a questa problematica può
comunque venire solo attraverso una legge nazionale
che vieti la prostituzione all'interno dei condomini
e che al contempo ne regolarizzi l'esercizio in
determinate zone della città, individuate dalle
amministrazioni comunali, estranee ai contesti
abitativi», spiega il sindaco.
«Così facendo», conclude, «si otterrebbe, come già
accade in numerosi Paesi occidentali, una reale
regolamentazione della prostituzione che, al di là
dei risvolto etici e morali, la assoggetterebbe a
controlli sanitari e fiscali, come avviene per altre
professioni, e renderebbe impossibile lo
sfruttamento da parte del racket».
Enrico Giardini